Sapori & Tradizioni

Le tradizioni culinarie e le feste riguardano la storia e l’identità di un territorio e di una comunità. Le rievocazioni storiche e il mantenimento delle feste e delle tradizioni che vengono ripetute di anno in anno costituiscono un bagaglio culturale da preservare e tramandare e rappresentano risorse eccellenti, capaci di mettere in atto processi di sviluppo e turismo locali sostenibili.


Quando parliamo di tradizione culinarie non possiamo non parlare dei dolci tipici Rocchitani, un misto di ricette genuine che sono state tramandate da padre in figlio fino ai nostri giorni, deliziando corposamente il nostro palato. I dolci tipici Rocchitani sono per lo più preparati in periodi dell’anno specifici, come quello natalizio o pasquale. Dolci inimitabili rigorosamente fatti a mano con le tecniche antiche e con materie prime naturali offerte da un territorio prosperoso e incontaminato.

Pitta cu passuli

La pitta cu passuli è un dolce molto antico che viene preparato tutt’oggi nel periodo natalizio, servito al posto del classico panettone.
La sua preparazione non è affatto semplice e richiede una buona manualità col mattarello in quanto si tratta di una sfoglia di pasta da arricchire con frutta secca, canditi e uva passa; non è contemplata la presenza di alcuna crema al suo interno, proprio perché era un dolce povero. Una volta posizionati gli ingredienti, bisognerà arrotolare su sé stesso l’impasto, a formare diverse roselline da assemblare in cerchio; una volta cotta in forno sprigionerà il suo inconfondibile odore di cannella e chiodi di garofano.

Crustuli e fusilli

I crustuli e i fusilli sono i dolci che vengono preparati quasi sempre insieme da ogni famiglia rocchitana nel periodo natalizio; solitamente, la preparazione di questi dolcetti avviene durante il giorno dell’Immacolata ed è molto abbondante visto che gli ingredienti ne permettono una lunga conservazione. Entrambi sono accomunati dalla presenza del miele come guarnizione finale ma sono i fusilli ad avere una ricetta molto più semplice: solo uova, farina e olio basteranno per intrecciare sapientemente questi dolci con l’aiuto del manico di un mestolo di legno, come da tradizione. Ai crustuli, invece, viene aggiunto il vermouth e altri liquori o limoncelli, e c’è chi aggiunge anche mandorle tritate nell’impasto. Una volta terminata la preparazione, i dolci vengono fritti e igorosamente cosparsi da tanto miele; a distanza di una settimana basterà sciogliere un altro po’ di miele sui dolci per ridargli il loro squisito sapore.

Le Crespelle

Le crespelle sono delle ciambelle fritte e cosparse di zucchero, famose in tutta la Calabria sotto i più svariati nomi; anche a Rocca di Neto queste ciambelle vengono preparate, in genere durante la festa di tutti i santi il primo giorno di novembre. Impastate nelle classiche ciotole di terracotta smaltate di verde tipiche delle nostre zone, e fritte rigorosamente in una pentola posta nel caminetto, le crespelle sono caratterizzate da un impasto molto morbido, motivo per il quale non appena viene data la forma di ciambellina alla nostra crespella deve essere immersa subito nell’olio bollente; una volta raggiunta la giusta consistenza e un bel colorito, sono ricoperte di zucchero, da gustare ancora calde. La tradizione vuole che chi prepara le crespelle nel giorno dei santi, debba omaggiarne i vicini di casa; inoltre, le nostre nonne, quando preparano le crespelle attaccano un po' di impasto con le iniziali dei padroni di casa sul caminetto, in segno di buon augurio.

Le Cuzzupe

I dolci per eccellenza che vengono preparati durante la settimana di Pasqua sono le cuzzupe, anticamente associate oltre che alla rinascita di Cristo anche alla primavera e al risveglio della natura. L’impasto delle cuzzupe si presta alla realizzazione di varie forme: se le cuzzupe devono essere regalate, la tradizione vuole che se ne preparino tante per quanti sono i membri della famiglia con le rispettive iniziali dei nomi; le cuzzupe con l’uovo sodo al suo interno ricoperto da striscioline di impasto oppure a forma di colomba sono destinate ai futuri o ai neogenitori, a simboleggiare il nido di una famiglia che si allarga; vengono realizzate anche a forma di cestino, intrecciate o più semplicemente con delle uova sode poste in superficie: queste ultime, e in particolare l’uovo, richiamano un significato religioso in quanto l’uovo rappresenta la vita e la rinascita di Cristo. Un’altra forma che viene dato alle cuzzupe è quella del cosiddetto “pupatolo”, ovvero una bambolina da regalare alle bambine. Oltre alle cuzzupe classiche, guarnite con uova e zuccherini colorati, ci sono anche quello con l’annaspro”, cioè ricoperte da una glassa bianca e lucida che viene ottenuta miscelando albumi, zucchero a velo e limone.
Curiosità: a Rocca di Neto si usa spesso l’espressione “u miajju uavu da cuzzupa” riferito ad una persona, alludendo proprio alle uova poste sulle cuzzupe.

Quando si parla invece di feste rocchitane, oltre a quelle più conosciute della Madonna di Setteporte e della Madonna della Pietà, non bisogna dimenticare quella del Santo Patrono “San Martino Vescovo”.

Festa di San Martino Vescovo

L’11 novembre, a Rocca di Neto, prende vita un’importane ricorrenza che mira a unire la liturgia cristiana alla tradizione contadina, con l’assaggio del vino novello accompagnato dalla sagra paesana e dai gustosi e succulenti piatti genuini preparati con cura e dovizia dalla comunità: è la festa del Santo patrono “San Martino Vescovo”. Tradizione narra che, Martino, soldato dell’esercito di Roma, nel mentre di una ronda a cavallo notò un povero mendicante tremolante per il freddo e, alla vista dell’indigente, fu subito scosso da un forte sentimento di umana pietà, tagliando con la sua spada metà del suo bel mantello per elargirlo al povero uomo affinché vi ci si potesse coprire. La notte, mentre il soldato Martino dormiva, gli apparve in sogno Gesù Cristo, episodio che fece scaturire in lui la volontà di avvicinarsi al cammino spirituale divenendo cristiano a tutti gli effetti: finora non era mai stato battezzato. Di lì a poco avrebbe rassegnato le proprie dimissioni nell’esercito romano per dedicarsi, a pieno regime, alla predicazione della vita monastica.
Proprio perché le sue opere avvenivano tra le campagne e gli ambiti rurali, a Rocca di Neto, tuttora, il culto professato in suo nome prende vita in un’ottica strettamente correlata a riti e usanze agresti. Durante la festa patronale i contadini danno inizio alla pratica ormai millenaria dell’apertura delle botti per degustare, con un minimo di sfida e sana competizione, il tanto atteso vino novello (da qui l’adagio popolare “a San Martinu ogni mustu è vinu”, tradotto “a San Martino ogni mosto diventa vino”). Negli anni passati, i nostri avi, attendevano con gioia l’arrivo della festa patronale per riunirsi festosamente con vicini e parenti al fine di assaggiare, in un’atmosfera pregna di allegria, il vino da loro prodotto e al contempo dilettarsi con orgoglio e soddisfazione in doviziosi brindisi per omaggiare l’abbondanza dei prodotti autunnali che madre natura offre in tutto il loro gusto, colore e sapore. Ad oggi è ancora viva e praticata dai molti la consuetudine popolare dell’assaggio del vino novello sposandolo con castagne, sfiziosi stuzzichini, insaccati vari e tutte le prelibatezze della variegata tradizione culinaria asserita nel comprensorio rocchitano. Circa il tema religioso, il Santo patrono, viene calorosamente glorificato dai devotissimi fedeli, i quali si riuniscono in chiesa per presenziare ai rituali liturgici ed alla solenne processione per le viuzze principali del centro storico del paese, accompagnata dalla locale banda musicale, dai canti e dalle preghiere della comunità rocchitana. Al passaggio del Santo Patrono, i balconi si accendono di viva luce grazie ai tanti lumi votivi e ai damaschi che la gente sfoggia con orgoglio e grazia donando colore al lieto evento: giunta dirimpetto all’entrata della chiesa padronale, la statua di San Martino, issata dai portantini e rivolta verso il paese, viene omaggiata con un lungo applauso e dallo squillo delle trombe, con la speranza che il Santo possa fiduciosamente concedere la benedizione ai devoti presenti e non. Il programma festivo continua la sera mediante la celebrazione civile, patrocinata dalla Casa comunale e dalle associazioni culturali autoctone, della manifestazione che vede impegnate attività socio-ricreative e l’allestimento di stand gastronomici in cui poter degustare il neo vino assieme al buon cibo rocchitano. La ricorrenza della festa di San Martino viene concepita dal devoto popolo di Rocca quale occasione di riflessione, d’incontro e di scambio di idee atti a colmare le lacune e gli squilibri dettati dalla vita odierna.