Chiesa di Santa Maria delle Terrate
Fu edificata nel 1178, durante il periodo normanno. I monaci della Sambucina e poi i Florensi di San Giovanni in Fiore vi costruirono un’abbazia attorno alla quale stabilirono la loro abitazione alcuni coloni che aiutavano i monaci nella coltivazione dei campi. Il Monastero di Santa Maria delle Terrate iniziò una fase di rinascita per Rocca di Neto, favorendone la ripresa economica. Infatti, l’abbazia aveva la funzione di promuovere la cultura e di favorire anche le attività agricole dell’area dove si era insediata. Compito cui i
monaci della Sambucina assolsero egregiamente, per alcuni secoli, perché modellarono il paesaggio agrario di Rocca di Neto coltivando i vigneti, gli alberi da frutto e, attorno agli abitati, gli orti. Sotto gli Svevi, il Papa Innocenzo III toglie alla Sambucina, ormai in decadenza morale, parecchie case filiali tra le quali Santa Maria delle Terrate che, con la Grangia di Fluca (Juca), venne concessa, nel 1208, da Federico II ai Florensi di San Giovanni in Fiore. La Grangia delle Terrate divenne un nucleo demografico vero e proprio: con i
monaci addetti alla cura delle anime e i monaci incaricati dell’amministrazione specifica. Questi ultimi, sotto
le direttive del frate grangiere, mantenevano e
curavano i rapporti con i contadini del luogo, chiamati a
coltivare i vasti possedimenti terrieri. La chiesa di Santa Maria delle Terrate è richiamata anche in alcuni atti
della seconda metà del Cinquecento, quando essa era custodita da eremiti. Infatti, dalla S.C. Stat. Regulares
Relationes 16. Riformati San Bernardo (Cistercensi) – 1650, si evince che nell’anno 1570 le costituzioni
pontificie volevano ripristinare i monasteri cistercensi con l’assegnazione della terza parte delle rendite ai
monaci, affinché potessero restaurare gli edifici e valorizzare il culto, I superiori dell’ordine cistercense di
San Giovanni in Fiore, che da tempo amministravano i beni dell’abbazia di Santa Mara delle Terrate
stabilirono con Bernardino Rota, allora Commendatario per pubblico istrumento, un accordo attraverso il
quale erano assegnati per il vitto, il vestire e altre cose necessarie ai religiosi dimoranti nell’abbazia, ducati
220.
A metà del Seicento il luogo di “Santa Maria delle Terrate” è, quindi, grancia del Monastero di San
Giovanni in Fiore dell’Ordine Cistercense ed è situato nel territorio di Rocca di Neto, Diocesi di Santa
Severina, in luogo aperto sopra un monticello, distante dall’abitato per spazio di un miglio. I monaci che
allora vi dimoravano, non avevano notizia di quando, da chi e con quali condizioni e obblighi la grancia
fosse stata fondata. Con molta probabilità, possedendo l’abbazia di San Giovanni in Fiore molti beni stabili e
censi sul luogo, i Padri antichi decisero, forse, di fondarla per la devozione dei fedeli e dei benefattori. Gli
edifici della grancia erano costituiti dalla chiesa e da una piccola abitazione. La chiesa, ben composta e finita
di soffitto e tetto, custodiva una devotissima immagine e statua della Madre di Dio col suo altare maggiore
ed anche un altro altare con l’immagine di “S. Domenico di Soriano”. Il piccolo abitato era murato, tutto
attorno, con un monastero e vi era il dormitorio con tre camere abitate dai religiosi, con uno spazio dove era
possibile costruire molte altre camere; al piano del cortile avevano sede il refettorio, la cantina, la cucina, le
stalle ed un magazzino usato per conservare i viveri. La grancia possedeva un pezzo di terreno di una
tomolata e mezza, per potersi fare la vigna, e la predetta chiesa era servita da un eremita. In seguito, vedendo
che la manutenzione della chiesa era molto costosa, specie per le spese di mantenimento di un cappellano per
la celebrazione della Santa Messa, i monaci di San Giovanni in Fiore concessero che il loro Capitolo vi
provvedesse con la dimora stabile di un religioso. Per la presenza e l’assistenza continua di religiosi e con la
devozione del popolo benefattore, la grancia si ampliò aumentando in beni ed elemosine, tanto da assumere
la forma di un vero e proprio monastero autonomo.
Alla metà del Seicento la grancia era abitata da due
sacerdoti (il priore Ottavio Riccio di Altomonte ed Antonio Cimino di Scigliano) e da un serviente. Essa
poteva contare sulle entrate provenienti da alcuni fondi rustici (vigne, terreni a semina ed un orto) situati in
località Terrate, La Valitelle e la Volta di Gallina. Locava cinque case in Rocca di Neto ed incrementava le
sue entrate con l’elemosina del sale, con le offerte per la celebrazione di messe e con il grano della questua.
Altro denaro proveniva alla piccola comunità dall’affitto di buoi e dall’ allevamento del bestiame. Nel 1742,
precisamente al tempo della formazione del Generale Catasto Onciario, la grancia di Santa Maria delle
Terrate possedeva un territorio campese di 15 tomolate in località “La Terrata”, confinante con i beni di
Pietro Antonio Vennere e della Real Certosa di Santo Stefano del Bosco; un territorio campese di 20
tomolate in località “La Vallatella”, confinante con i beni dell’abbazia di San Giovanni in Fiore e del
convento soppresso di S. Agostino; un territorio campese di 6 tomolate in località “Il Vignale del Piro”,
confinante con i beni dell’ex convento di S. Agostino da tutti i lati. Le drastiche vicende della politica
antiecclesiastica dei Napoleonici, che decretarono il demanio dei beni ecclesiastici e la soppressione di tutti i
conventi con un numero inferiore di 12 confratelli, portarono il Re Ferdinando IV ad ordinare, con decreto
del maggio 1784, la soppressione di alcune case religiose, fra le quali l’abbazia di Santa Maria delle Terrate.
Dopo le vicende napoleoniche, la chiesa delle Terrate, aperta al culto fino al 1930, funzionò da cimitero
comunale perché intorno ad essa, fino all’inizio del secolo XX, si cominciarono a seppellire i morti. La
chiesa, costruita con blocchi di pietra in muratura, era piccola e aveva pianta semplice ad unica navata.
Ancora oggi, è sormontata da un’enorme cupola che testimonia i caratteri artistici e tecnici dell’arte
normanna, caratterizzata dalle linee più sobrie e dai volumi più massicci. La grande cupola è rivestita e
decorata con piastrelle di colore blu, giallo, verde e marrone.
Curiosità: Durante la 3° Edizione del “Neaithosud Festival” è stato presentato uno Charme in Argento 925 rappresentante la Chiesa di Santa Maria delle Terrate, il quale farà parte della linea di gioielli “Castelli e Fortezze”, realizzato dall’orafo G.B. Spadafora.